giovedì 10 novembre 2016

La donna col cane bianco

Mia madre dice che certe persone mi trovano con il lanternino. Forse è vero.
Sono quel genere di persone a cui spesso le persone vomitano le loro disgrazie come se questo potesse magicamente aiutarli, quasi io avessi a portata di mano l’incantesimo che risolva i loro problemi, o peggio come se io, saputi, diventassero miei e io li dovessi risolvere.
La cosa va da un problema di luminosità del cellulare (di solito Samsung, il che mi fa pensare che le persone non dovrebbero comprarlo solo perché costa, visto che non sanno neanche lavorare con la luminosità di quel cellulare) al tizio davanti casa che sembra un maniaco.
Il problema per me sono le magagne emotive, quelle mi si attaccano addosso e ancora, per quanto non sia una bella persona, non ho ancora perso la mia civiltà e la mia (buona) educazione che mi farebbe scivolare addosso le lamentele altrui, oppure rispondendo con l’acida pantomima del “io soffro di più”.
Incredibilmente, poi, sembra che io non giudichi.
Questo capita talmente spesso da non aver voglia di incontrare le persone.
Mia madre dice che io ho la calamita.
A me parlano davvero tutti.
Un esempio palese è il paragone tra quello che succede a mia madre quando porta fuori il cane e quando lo porto io: lei non parla con nessuno, se non con chi conosce e che ha dei cani e che quindi incontra nel quartiere per forza di cose, io praticamente con tutti.
Il motivo è semplice: io odio come la società italiana si sta trasformando, dove non puoi nemmeno salutare che sembra stai derubando. Forse è per questo che i pensionati mi adorano.
Qualche tempo fa ho salutato con un sorriso una signora al parco e lei non solo mi ha chiesto se ci conoscevamo, ma poi abbiamo scambiato due chiacchiere di cortesia e ho scoperto essere la madre di un ex compagno di classe di mia sorella e che conosceva i miei genitori.
In questi giri ho incontrato signore anziane, pensionati di ogni tipo, giovani che hanno cominciato ora ad avere un cane di cui occuparsi (e magari lo usano per avere una scusa per fumare una sigaretta), fanatici del cane, signore bon ton e casalinghe più o meno disperate…
Poi c’era una signora, sui 50-60 anni, non di più, sicuramente non di meno. Che mi capitava di incontrare con il suo piccolo cane bianco quando uscivo o rientravo dal mio giro.
Sempre con una sigaretta in mano, mai una riposta ad un saluto.
Poco male, non mi ha mai toccato.
Di certo non ho smesso di salutarla, è il minimo se dividi un marciapiede grande 40 centimetri e vai in giro con un cane da caccia rompiscatole come il mio.
Ora però le cose sono cambiate.
Il morivo? Il mio cane è un rompiscatole che ha molestato il suo e per questo che si è ritrovato a scivolare dal marciapiede perché gli ha abbaiato dietro.
Io le dico che se lo merita (non deve fare il cane virile se non si aspetta che gli abbaino contro) e lei dice che no, il suo prende una pastiglia che lo rende nervoso. Da lì al suo cane precedente e dal cane ai suoi problemi di famiglia.
Non ho ben capito cosa le è successo, i discorsi erano sconclusionati e senza un vero filo logico.
Sicuramente una situazione familiare non facile, con violenze di vario tipo.
Probabilmente lei non ha una lira, pardon: un euro, e l’unica cosa che ha è il pacchetto di sigarette che il marito continua a regalargli.
Senza lavoro, senza prospettive, senza soldi, con una figlia che la incolpa e che dice che la sua situazione è una situazione che è da accettare (perché un uomo piò picchiare sua moglie) e nessuna via d’uscita.
E io?
No, seriamente, cosa potevo fare io per quella signora?
Le ho potuto dare un orecchio con cui parlare e la mia onesta opinione che poi con ovvietà totali: lui non merita certo perdono e coccole, sua figlia deve farsi vedere da uno specialista, lei deve informarsi sulla sua stessa situazione legale e soprattutto contattare un centro antiviolenza.
Ora, per chi non lo sapesse, esistono persona a cui chiedere informazioni sull’argomento.
Io so in linea di massima cosa fare e come comportarsi, ma la cosa migliore è rivolgersi a chi fa questo.
Ci sono centri antiviolenza negli ospedali, per lo meno in quello più importante della città.
Poi c’è il numero verde.
Io non ricordavo quale fosse, ma la ricerca del momento mi è uscita infruttuosa.
Io non lo sapevo, ma il numero non è quello di Telefono Rosa, come un temo era telefono azzurro per i bambini. Esiste però il numero verde che un tempo era chiamato con quel nome esiste ed è stato istituito con quel numero del 2009: è il 1522, un numero h24, disponibile in 5 lingue (le stesse dell’app antistacker di Telefonodonna), e che vengono fornite le prime riposte a problemi quali violenza di genere e stalking, offrendo informazioni utili e un orientamento verso i servizi socio-sanitari pubblici e privati presenti sul territorio nazionale (e quindi i più vicini a casa propria), c’è garanzia dell’anonimato e si segue la procedura delle forze dell’ordine.
A lei ho detto di andare a vedere, visto la vicinanza dell’ospedale, dove è il suo centro anti violenza mentre fa la passeggiata con il suo cane.
Quando ci siamo lasciate avevo tre cose in mente:
- Quanto freddo non fa?!
- Perché parlano con me? Solo perché saluto?
- E per fortuna avevo il maglione pesante, ma sono influenzata!
- Se anche non fosse vero quello che mi ha detto, per sua sfiga non ho soldi da spillare. Ma poi che senso avrebbe? Io vado in giro con un coltellino svizzero sempre pronto all’uso…
- Il mio cagnolone che paziente che è stato. Stasera si becca la carne.

Alla fine concludo che mi segnerò il numero su un fogliettino e glielo dirò quando la rivedo... e consiglio a tutti quanti di segnarselo, putacaso che siano quel genere di persone che ispirano fiducia alle persone.