domenica 25 settembre 2016

Vecchi pantaloni di Jeans

Ognuno di noi ha un capo preferito nell'armadio. Il Capo Confort, emotivamente parlando.
E se non ce l'ha, credo ci sia qualche stranezza.
O semplicemente una stupidaggine.
Il capo preferito è quello che sai che quando l'hai indosso sei a posto.
Non dico felice, ma ti senti sicuro di te.

Il mio è un vecchio pantalone di Jeans.

Non ho mai avuto moltissima autostima.
Sarà che dicevano che ero brutta, che ero stupida e che non valevo nulla. Non sono mai arrivati a dirmi che ero grassa solo perchè visibilmente non lo ero anche se, nonostante la taglia 38, vestissi una 42 (ma era il mio stile e sono stata fortunata: nel mio liceo non si usava maltrattare qualcuno per come si vestiva, almeno ai miei tempi),tanto che al massimo il complimento è stato "non pensavo fossi così magra" quando indossavo una taglia 40, e io facevo notare che pure quello mi stava largo.
Comunque lo so, la violenza psicologica capita al 70% delle donne, non è giusto, ma ora come ora posso solo e soltanto evitare di farlo a mia volta. E reagire come conviene.

Comunque, ci fu un capo, nella mia tarda adolescenza che si rivelò ottimo per la mia autostima.
Che fosse per qualcosa di immaginario o vero non lo so, ma sinceramente non m'interessa.
Ricordo ancora il giorno in cui lo comprai.
Era primavera, una domenica, ed ero con delle amiche all'outlet di Franciacorta.
Il negozio era della Kalvin Klein.
Dopo un'infruttuosa visita alla Levis, non avrei mai pensato di trovarne uno lì, ma tanto sei lì, già che ci sei ci fai un salto.
Volevo un pantalone normale. E quando dico normale, intendo proprio normale.
Che mi stesse giusto:

  • Nè largo nè soffocante.
  • Ne lungo ne che mi facesse sembrare con l'acqua in casa
  • il tessuto non rovinato
  • non doveva essere luccicoso
  • non doveva avere strani disegni
Insomma, come ho detto, NORMALE (e se qualcuno dice "anonimo" io ribatto "no, semplicemente non pacchiano e paesano")
E soprattutto costasse meno di 20 euro.

E lo trovai.

Non avrei mai saputo dire di che collezione fosse anche perchè, come ora, per me la moda deve rappresentare me stessa e come mi sento e non devo seguirla per essere come mi vogliono gli altri.
E poi, sul serio, il pantalone era avvero normale.

In primis il denim in particolare era buono. Non era carta velina, era resistente. Non aveva quelle orribili macchie di slavatura che all'epoca cominciavano a comparire sui capi nuovi e che mi fanno desistere da innumerevoli acquisti. Era blu. Normale.
Pantalone taglio a sigaretta. Scendevano egregiamente e, non avendo dei fianchi particolarmente evidenti mi davano un aspetto adeguatamente e genuinamente casual.
Da tutti i giorni, per sentirmi un po' rock. E in fondo un po' meno punk almeno all'apparenza (come se mi fosse mai stato possibile cambiarmi dentro...).

La cosa bella di quei jenas era la sicurezza che mi davano.
Quando lo indossai la prima volta e mi guardai allo specchio sorrisi.
Sorrisi perchè mi piacevo con quel pantalone, nonostante di solito i pantaloni di quel genere mi facevano sentire... inadeguata?
Non mi facevano il culo più alto, le gambe più atletiche o lunghe (se un giorno troverò pantaloni che mi fanno le lunghe ne comprerò 40 paia).
Mi faceva sentire sicura di me stessa e mi sentivo rappresentata (incredibile cosa possa fare un mero pantalone di jeans).

Zittiva addirittura le amiche fighette perchè guardavano la marca e solo quella.

Credo che quello con quel pantalone sia uno dei rapporti più lunghi che io abbia mai avuto.
Non conosco un solo uomo che mi abbia mai fatta sentire così: immancabilmente pensano sia lodevole farmi sentire stupida, infantile, indifesa, incapace, un oggetto.
O darmi ordini.
O dirmi che ero una stronza o una sfigata perchè non ubbidivo a quegli ordini.
Quel pantalone mi faceva sentire pronta a scalare il mondo.

C'è stato un periodo della mia vita che quel pantalone è stato uno degli indumenti che ho messo più spesso ed il motivo era ovvio: mi sentivo sicura solo se l'avevo addosso.
Lo mettevo quando andavo al liceo e quando uscivo con gli amici sia al pomeriggio che la sera.
Lo mettevo quando uscivo nei giorni di festa...
Se non sapevo cosa mettermi, quel pantalone faceva al caso mio.

Poi è successo: dopo anni di utilizzo si è logorato, come è normale che succeda.
E quindi ho smesso di usarlo così spesso a favore di altri pantaloni.
Ma ogni volta che aprivo l'armadio, lo guardavo e sorridevo: nessun mio vestito è caro al mio cuore come quel pantalone. E se ero triste, metterlo con un paio si scarpe rosse era l'unica cosa che poteva restituirmi un po' di grinta.
In effetti, apro l' armadio, lo vedo e sorrido.

Perchè è ancora nel mio armadio.

Con il suo danim ormai slavato e lievemente sgualcito.
Perchè in fondo io non ho mai capito perchè dovrei comprarmi un pantalone già rovinato da terzi, come a far intendere che la mia vita è vissuta quando invece non lo è.
Io so che con quel pantalone sono stata in spiaggia e in montagna, ai concerti, ci sono scivolata e mi ci sono seduta per terra.
Ho corso e mi sono pure arrampicata (che se mi conosceste, sapreste che è un evento).
So che ogni strato levato via è uno strato che io ho acquisito. Lui non si è consumato: mi ha ricoperto l'anima, filo su filo. E ora esce con me per portare fuori il cane.
Devo anche ammettere che mi sta ancora bene. E' un po' informe, avendo ceduto al corso del tempo e del mio movimento. Non ha più le pretese di una volta, non mi dice "possiamo scalare il mondo", ma so che se glielo chiedessi lui, zoppicando mi direbbe "quando vuoi: per te qualunque cosa".
E come un vecchio compagno fedele, come un cane che ancora è pronto a difendermi, quel pantalone mi starebbe addosso, facendomi sentire a posto.


Credo sinceramente che quando lo butterò, mi sentirò come ad un funerale.

venerdì 16 settembre 2016

Video dei Tool Silence.

I Tool Silence sono dei miei amici. O meglio: una delle mie migliori amiche - socia di tante (dis)avventure - è proprio la cantante.
Per questo, visto che non ne hanno uno ufficiale, mi sono messa a metterne un paio fatti da me nel web.
Certo, lei dice continuamente che abbasso il volume, ma purtroppo il volume è quello e soprattutto non è che con un'attrezzatura normale (e quindi non professionale) potevo fare altro.

Per il resto... quelli che già ci sono li piazzo tutti qui sotto. Poi per gli altri... vedremo.












venerdì 9 settembre 2016

La Carrà e Dc WHO!!!

Questo è stato il secondi video che feci, il primo rimasto ufficialmente.
Tutto perchè quando lo vidi... rimasi allibita.
Ecco cosa c'è dell'Italia nel telefilm Britannico (perchè no, resetto volontariamente le puntate su Pompei e Venezia... visto pure lo schifo che persino quella con Madame Pompadour era meglio).

Comunque... è stato pure parecchio visto... e io che pensavo che non avrebbe mai superato le 10 (mie) visualizzazioni... ma parliamo di Carrà e Doctor Who, in fondo!!




Non sono belli, ma non m'interessa.

L'account Youtube l'ho da tempi immemorabili.
Non ricordo neanche perchè l'ho fatto.
Il primo video tra l'altro non c'è neanche più, probabilmente perchè lo avevo cancellato.
Ma era talmente inutile che è non fa nulla.
Col tempo però l'ho ho pubblicato dei video musicali totalmente amatoriali e poi successivamente dei video ancora amatoriali.
E quindi... chissene: li piazzo anche qui.
Novità: Sezione Youtube!!!

giovedì 8 settembre 2016

La festa delle donne

La festa delle donne
(ΘΕΣΜΟΡΙΑΖΟΥΑΙ)
Di Aristofane
Traduzione di Guido Paduano
Introduzione di Lella Costa
Saggio conclusivo di Giodo Paduano
Bur





Aristofane. Un nome, un programma. Soprattutto quando parla di donne. Irriverente e divertente, come un bravo commediografo. Avrete capito: è un’opera teatrale (ma questo era ovvio: è Aristofane, mica Vattelapesca).
Il protagonista della commedia? Mmm… non credo ce ne sia uno, se non la pura arte di fare teatro e divertirsi nel farlo: un drammaturgo preoccupato (terrorizzato) del suo prossimo futuro, le donne di Atene che, lui lo sa, vogliono punirlo per le ingiurie che dice su di loro nelle sue opere... Mnesilco, che oggettivamente è lo sfigato nella situazione, alla fine lo aiuta: si traveste da donna e si intrufola nell’assemblea per difenderlo.

E ce n’è per tutti.

La commedia è breve, scanzonata e divertente.
Bella anche come singola lettura quando si è un po' giù di morale.

Le donne sono solo un pretesto.
L’odio verso le donne pure.
Le scenette, senza pretese ma divertenti, tra i vari personaggi sono le vere protagoniste.
È palese che questa non è un’opera brillante o profonda.
Ma è frutto di una mente interessante.
Sicuramente un bel diversivo in una giornata afosa.

E si sa, il buon teatro è senza tempo e Aristofane vivrà in eterno con la sua opera.

Parte seconda: se di storie si parla... di libri si recensisce.

Ho appena avuto un'epifania: se posto quello che scrivo, perchè non farlo anche di quello che leggo?
Da qui la nuova sezione del libro: "recensione di libri" (ma dai? davvero? Che nome innovativo!!!) .
Penso sinceramente infatti, che sia un bel modo per riempire le pagine di questo blog se non ho di mie da buttarci dentro.
Giusto perchè mi va.
Fin quando mi andrà...

domenica 4 settembre 2016

Simbolo Vuoto

Il simbolo vuoto è sicuramente il primo racconto che abbia mai pubblicato online, Simbolo Vuoto partecipava a "Il Contest di Camelot" .
Per una serie di vicissitudini, l'argomento sarebbe stato "Rancore/Perdono" e "Sala della Tavola Rotonda".
Dovendo essere un amore non definito come Canon, la scelta poteva avere infinite potenzialità, ma visto che sin dall'inizio la mia idea era di usare una coppia classica, ma non canonica, Mordred e Ginevra, ci sarebbero stati infiniti modi in verità in cui avrei potuto farla.
C'era la questione "rancore/perdono", pure che era attribuibile ad entrambi, ma alla fine, causa una situazione personale particolarmente triste, o voluto trattare la tragedia al suo culmine.
O meglio: quello che era il culmine per qualcuno che non era loro, usando un terzo personaggio: Artù.
Vedete, prima della nascita nel dodicesimo secolo di Lancillotto, l'innamorato finale della regina Ginevra era Mordred.
Lancillotto, nei fatti, ha soppiantato in molte gesta molti altri eroi della Saga Arturiana, come hanno fatto successivamente molti altri autori dopo il creatore del cavaliere della Normandia.
Tornando ad Artù, la scelta di mettere lui come voce parlante fu data dalla voglia di non essere classica nelle mie scelte. Se avessi dovuto usare la mia storia parlando usando uno o l'altro (entrambi era fuori discussione) o una voce fuoricampo non avrei avuto l'effetto desiderato.Padre di uno e marito dell'altra, il tradimento di Mordred e Ginevra lo aveva colpito? E se sì, in che modo?
Il problema dell'ambientazione poi, non era stato facile.
In verità io avrei voluto lago o spiaggia, ma li presero prima di me.
Se non ricordo male neanche "Rancore/Perdono" furono le mie prime scelte...
E ancora, Artù che tipo di padre era? E che tipo di marito era?
Se all'inizio avevo ipotizzato qualcosa di simile alla storia di Ugo e Perisina, a loro volta figlio e moglie di Nicolò III d'Este (la cui storia d'amore è l'esempio vivente di come le tragedie di quel tipo non erano inusuali), ma poi ho pensato che, va bene tutto!, ma Artù Pendragon non era di quella risma, se no che idealizzazione di regnante aureo e giusto sarebbe? 
La storia poi mi costringeva a vedere di buon occhio anche Ginevra. Le leggende Arturiane infatti la mettono come moglie devota e perfettina, per poi trasformarsi in fedifraga sgualdrina ben attaccata al trono.
Io personalmente l'ho sempre detestata cordialmente: spesso messa a confronto con la figura di Morgana, non solo quest'ultima è sempre stata più vera delle altre, ma ho sempre detestato chi critica e dietro fa le stesse cose se non peggiori e, nei fatti, Ginevra in qualunque salsa la si veda fa sempre la stessa cosa.

E' stata una sfida interessante e spero che la lettura vi possa piacere.

Scaricatela e leggetela: Download gratuito (il modo per ovviare l'odiosa pubblicità l'ho scritta qui ) ed è così possibile leggerla fuori dal forum dei regni rinascimentali e senza connessione.