E se non ce l'ha, credo ci sia qualche stranezza.
O semplicemente una stupidaggine.
Il capo preferito è quello che sai che quando l'hai indosso sei a posto.
Non dico felice, ma ti senti sicuro di te.
Il mio è un vecchio pantalone di Jeans.
Non ho mai avuto moltissima autostima.
Sarà che dicevano che ero brutta, che ero stupida e che non valevo nulla. Non sono mai arrivati a dirmi che ero grassa solo perchè visibilmente non lo ero anche se, nonostante la taglia 38, vestissi una 42 (ma era il mio stile e sono stata fortunata: nel mio liceo non si usava maltrattare qualcuno per come si vestiva, almeno ai miei tempi),tanto che al massimo il complimento è stato "non pensavo fossi così magra" quando indossavo una taglia 40, e io facevo notare che pure quello mi stava largo.
Comunque lo so, la violenza psicologica capita al 70% delle donne, non è giusto, ma ora come ora posso solo e soltanto evitare di farlo a mia volta. E reagire come conviene.
Comunque, ci fu un capo, nella mia tarda adolescenza che si rivelò ottimo per la mia autostima.
Che fosse per qualcosa di immaginario o vero non lo so, ma sinceramente non m'interessa.
Ricordo ancora il giorno in cui lo comprai.
Era primavera, una domenica, ed ero con delle amiche all'outlet di Franciacorta.
Il negozio era della Kalvin Klein.
Dopo un'infruttuosa visita alla Levis, non avrei mai pensato di trovarne uno lì, ma tanto sei lì, già che ci sei ci fai un salto.
Volevo un pantalone normale. E quando dico normale, intendo proprio normale.
Che mi stesse giusto:
- Nè largo nè soffocante.
- Ne lungo ne che mi facesse sembrare con l'acqua in casa
- il tessuto non rovinato
- non doveva essere luccicoso
- non doveva avere strani disegni
Insomma, come ho detto, NORMALE (e se qualcuno dice "anonimo" io ribatto "no, semplicemente non pacchiano e paesano")
E soprattutto costasse meno di 20 euro.E lo trovai.
Non avrei mai saputo dire di che collezione fosse anche perchè, come ora, per me la moda deve rappresentare me stessa e come mi sento e non devo seguirla per essere come mi vogliono gli altri.
E poi, sul serio, il pantalone era avvero normale.
In primis il denim in particolare era buono. Non era carta velina, era resistente. Non aveva quelle orribili macchie di slavatura che all'epoca cominciavano a comparire sui capi nuovi e che mi fanno desistere da innumerevoli acquisti. Era blu. Normale.
Pantalone taglio a sigaretta. Scendevano egregiamente e, non avendo dei fianchi particolarmente evidenti mi davano un aspetto adeguatamente e genuinamente casual.
Da tutti i giorni, per sentirmi un po' rock. E in fondo un po' meno punk almeno all'apparenza (come se mi fosse mai stato possibile cambiarmi dentro...).
La cosa bella di quei jenas era la sicurezza che mi davano.
Quando lo indossai la prima volta e mi guardai allo specchio sorrisi.
Sorrisi perchè mi piacevo con quel pantalone, nonostante di solito i pantaloni di quel genere mi facevano sentire... inadeguata?
Non mi facevano il culo più alto, le gambe più atletiche o lunghe (se un giorno troverò pantaloni che mi fanno le lunghe ne comprerò 40 paia).
Mi faceva sentire sicura di me stessa e mi sentivo rappresentata (incredibile cosa possa fare un mero pantalone di jeans).
Zittiva addirittura le amiche fighette perchè guardavano la marca e solo quella.
Credo che quello con quel pantalone sia uno dei rapporti più lunghi che io abbia mai avuto.
Non conosco un solo uomo che mi abbia mai fatta sentire così: immancabilmente pensano sia lodevole farmi sentire stupida, infantile, indifesa, incapace, un oggetto.
O darmi ordini.
O dirmi che ero una stronza o una sfigata perchè non ubbidivo a quegli ordini.
Quel pantalone mi faceva sentire pronta a scalare il mondo.
C'è stato un periodo della mia vita che quel pantalone è stato uno degli indumenti che ho messo più spesso ed il motivo era ovvio: mi sentivo sicura solo se l'avevo addosso.
Lo mettevo quando andavo al liceo e quando uscivo con gli amici sia al pomeriggio che la sera.
Lo mettevo quando uscivo nei giorni di festa...
Se non sapevo cosa mettermi, quel pantalone faceva al caso mio.
Poi è successo: dopo anni di utilizzo si è logorato, come è normale che succeda.
E quindi ho smesso di usarlo così spesso a favore di altri pantaloni.
Ma ogni volta che aprivo l'armadio, lo guardavo e sorridevo: nessun mio vestito è caro al mio cuore come quel pantalone. E se ero triste, metterlo con un paio si scarpe rosse era l'unica cosa che poteva restituirmi un po' di grinta.
In effetti, apro l' armadio, lo vedo e sorrido.
Perchè è ancora nel mio armadio.
Con il suo danim ormai slavato e lievemente sgualcito.
Perchè in fondo io non ho mai capito perchè dovrei comprarmi un pantalone già rovinato da terzi, come a far intendere che la mia vita è vissuta quando invece non lo è.
Io so che con quel pantalone sono stata in spiaggia e in montagna, ai concerti, ci sono scivolata e mi ci sono seduta per terra.
Ho corso e mi sono pure arrampicata (che se mi conosceste, sapreste che è un evento).
So che ogni strato levato via è uno strato che io ho acquisito. Lui non si è consumato: mi ha ricoperto l'anima, filo su filo. E ora esce con me per portare fuori il cane.
Devo anche ammettere che mi sta ancora bene. E' un po' informe, avendo ceduto al corso del tempo e del mio movimento. Non ha più le pretese di una volta, non mi dice "possiamo scalare il mondo", ma so che se glielo chiedessi lui, zoppicando mi direbbe "quando vuoi: per te qualunque cosa".
E come un vecchio compagno fedele, come un cane che ancora è pronto a difendermi, quel pantalone mi starebbe addosso, facendomi sentire a posto.
Credo sinceramente che quando lo butterò, mi sentirò come ad un funerale.